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LA STORIA DEL TRUST

Il diritto romano, ovvero la radice che governa il diritto italiano, aveva ben sviluppato il concetto di Trust con il “fideicommissum” ovvero una particolare disposizione testamentaria, ma non ha mai sviluppato il concetto di “inter vivos trust” che viene applicato quando il disponente è ancora in vita.

 

Questo concetto è stato esclusivamente sviluppato nelle giurisdizioni che adottano il “common law” ovvero il diritto di radice anglo-sassone.

L’istituto del Trust, nei termini sopra descritti, affonda le sue radici nell’Inghilterra  medioevale al tempo delle crociate, tra il XII e XIII secolo, per permettere ai crociati, che lasciavano le loro proprietà terriere per recarsi in Terra Santa, di nominare un fiduciario che amministrasse e gestisse i propri beni in loro assenza e che svolgesse il ruolo di esecutore testamentario in caso di morte.

Veniva pertanto scritto un vero e proprio testamento con annessi i doveri che il fiduciario (Trustee) doveva compiere mentre il sottoscrittore era ancora in vita ed eventualmente dopo la morte.

Il crociato pertanto, si spogliava dei propri beni senza venderli e senza comprometterne la sicurezza e la rendita, dando disposizioni sul loro utilizzo, riservandosi così il diritto di decidere sulla linea ereditaria voluta oppure di ritrovarsi intatto il patrimonio al suo rientro.

Ovviamente, essendo il sistema quasi millenario, il Trust è oggi utilizzato in maniera massiccia e molto professionale nel Regno Unito, grazie allo sviluppo di sistemi sempre più raffinati nella gestione e nel controllo.

I Trust, generalmente, trovano il loro fondamento nella Convenzione dell'Aja, un trattato multilaterale entrato in vigore il 1° Gennaio 1992 e ratificato a partire dal settembre del 2017 da ben 14 Paesi, tra cui l’Italia.   

I Paesi firmatari (e successivamente i paesi aderenti per ratifica) hanno convenuto di stabilire disposizioni comuni relative alla legge applicabile al Trust e di risolvere i problemi più importanti relativi al suo riconoscimento. Infatti, la Convenzione ha come scopo quello di determinare le caratteristiche che deve avere un Trust, la portata della legge regolatrice specificando esplicitamente (articolo 19) che “la Convenzione non deroga alla competenza degli Stati in materia fiscale”, restando queste questa di esclusiva competenza delle autorità nazionali.

 

IL TRUST IN ITALIA

 

L’Italia ha ratificato la Convenzione di L’Aja, emanando la Legge 16 ottobre 1989 n. 364 e recependo senza modifiche la convenzione, ma non ha mai emanato una legislazione organica di natura civilistica in materia di trust.[SM1] 

 

Quindi, il legislatore italiano ha dato anche riconoscimento fiscale al Trust  tramite l’art.1, comma 74, legge 27 dicembre 2006, n. 296, che ha modificato l'articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, d.P.R. 22 dicembre 1986, n.917 (recante il testo unico delle imposte sui redditi) al fine di inserire il trust tra i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società.

 

Così disponendo, il legislatore italiano ha chiarito la legittimità del c.d. «trust interno».

 

La legge regolatrice del trust è quella vigente in uno degli ordinamenti che hanno promulgato una normativa interna in materia di trust.

 

L’Italia pur avendo ratificato la Convenzione dell’Aja, non prevede al suo interno alcuna disciplina civilistica specifica in materia di trust.

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