Benché rimangano uno strumento di protezione patrimoniale, le fondazioni di famiglia del Liechtenstein e delle Channel Islands non trovano grande successo in Italia al pari delle atre Fondazioni. Perché?

Il tema della pianificazione successoria è quantomai attuale e importante. Tra gli strumenti più famosi e utilizzati troviamo i trust e a seguire le fondazioni di famiglia. Durante la voluntary disclosure si è parlato molto delle fondazioni di famiglia del Liechtenstein ma non hanno avuto fortuna. Perché?
Decisamente la mancanza nell'individuazione del regime fiscale applicabile hanno contribuito molto. Esistono infatti in Italia le fondazioni di famiglia di diritto italiano, ma si vincolano a uno scopo di pubblica utilità, come, ad esempio, l'aiuto e il sostegno a un familiare indigente.
La flessibilità delle fondazioni di diritto straniero, le quali godono, nella maggioranza dei casi, di ampi margini di manovra crea un conflitto normativo.
In Europa il paese più utilizzato per la costituzione di fondazioni di famiglia è il Liechtenstein.
Nel Principato le familien stiftung sono fondazioni caratterizzate da un'assoluta riservatezza e a finalità liberamente determinabile, con l'unico limite dell'immoralità-illegalità. L'organo di controllo prende il nome di consiglio di fondazione e durante la vita del fondatore si limita a dar seguito alla sua volontà. Solo dopo la morte di quest'ultimo il consiglio inizia a esercitare pienamente i propri poteri, secondo quanto stabilito dal regolamento della fondazione.
La personalità giuridica viene invece acquisita attraverso la registrazione, obbligatoria per le sole fondazioni che esercitano attività commerciale, a prescindere dallo scopo e il deposito dell'atto costitutivo presso il pubblico registro.
È sufficiente fornire limitatissime informazioni (anche il solo nome della fondazione), non essendo obbligatoria nemmeno l'indicazione del nome del fondatore, che per la sottoscrizione dell'atto costitutivo può servirsi di un fiduciario e rimanere perciò anonimo.
Oltre a chiari problemi nell'identificazione del beneficiario, vi è un oggettivo problema di inquadramento ai fini fiscali, specie per le successive distribuzioni da queste operate in favore del disponente e/o dei beneficiari.
All'epoca della cosiddetta voluntary disclosure l'Agenzia aveva infatti assimilato le fondazioni di famiglia del Liechtenstein ai trust, dichiarando espressamente applicabile a esse la presunzione di esterovestizione ex art. 73, comma 3, Tuir, sulla scorta dell'idea che le familien stiftung rientrassero negli “istituti aventi contenuto analogo al trust” (circolare n. 27/E del 2015).
Un recentissimo intervento dell'Agenzia delle Entrate ha stravolto la ricostruzione con la risposta a interpello n. 433/2020, infatti, l'Agenzia è intervenuta sul trattamento fiscale delle somme ricevute da una persona fisica residente da parte di un soggetto giuridico del Liechtenstein costituito sotto forma di Anstalt.
Pur non riferendosi formalmente alle familien stiftung, l'Agenzia ha bocciato l'assimilazione dell'Anstalt ai trust sulla base dell'Accordo Italia-Liechtenstein (ratificato con la L.210/2016) in materia di scambio di informazioni.
Precisamente secondo l'art. 5 par. 4 di detto accordo ciascuna parte “assicura che le proprie autorità competenti, in conformità ai termini del presente accordo, abbiano l'autorità di ottenere e fornire su richiesta (…) nel caso di ogni altra persona giuridica o figura giuridica diversa da un trust (ad esempio, fondazione, Anstalt), le informazioni su ogni persona equivalente o su ogni persona in analoga posizione”.
L'Agenzia ha perciò concluso che l'Anstalt rientra fra le società non residenti, e che le somme percepite dal soggetto residente sono da qualificarsi come dividendi ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett. e).
Ricapitolando, i redditi percepiti dal contribuente italiano da fondazioni di famiglia, Anstalt, etc. devono essere trattati come dividendi di fonte estera.
Nel 2017 l'Ocse ha osservato che le fondazioni di famiglia di diritto straniero spesso sono state illecitamente impiegate per finalità evasive ed elusive, nascondendo capitali e liquidità all'estero, in spregio alle norme sul monitoraggio fiscale.
Oggi, per ragioni di compliance fiscale e di salvaguardia delle consistenze patrimoniali inducono inevitabilmente a suggerire di regolarizzare tali entità, pena il rischio di contestazioni elevatissime da parte dell'Amministrazione finanziaria (si pensi, in proposito, alle sanzioni quasi “espropriative” previste per le irregolarità nella compilazione del quadro Rw in relazione ad attività estere detenute in Paesi non collaborativi).