La successione è definita legittima quando, non essendoci testamento, essa è regolata dalla legge che si propone di stabilire la successione del defunto, interpretandone la volontà, di norma orientata a trasmettere i propri beni ai familiari (definiti dal Codice Civile come segue) o allo Stato:

L’evoluzione della società ha posto il legislatore di fronte a problematiche nuove, ma particolarmente sentite; infatti, dopo una lunga gestazione, la Legge n.76/2016 (“Legge Cirinnà”), ha affrontato anche le questioni riguardanti la successione legittima per le unioni civili tra persone (maggiorenni) dello stesso sesso e conviventi di fatto (omosessuali o eterosessuali).
Tale legge, infatti, stabilisce che i partner di unioni civili, (e quindi costituite tramite una dichiarazione resa di fronte all'ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni e registrata nell’archivio dello stato civile) abbiano il diritto alla stessa quota stabilita per un coniuge.
Al contrario per i conviventi di fatto non sono stati stabiliti particolari diritti di successione, rimanendo così solo la volontà della persona, tramandata tramite testamento o trust, che non potrà in ogni modo intaccare la quota di eredità “legittima” dovuta ai familiari più stretti (di cui sopra).
Inoltre, il comma 42, articolo 1 della citata legge, prevede che in caso di morte del proprietario dell’abitazione di comune residenza, “Il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza, se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni."
Come accennato in precedenza, il trust può essere uno strumento utile per gestire in maniera efficiente la successione del patrimonio del disponente, particolarmente quando vi siano soggetti deboli da tutelare o particolari obiettivi che il testamento non sarebbe in grado di raggiungere.
Per questo motivo, il trust ha acquisito grande popolarità in ambito successorio come alternativa al testamento, poiché esso consente di pianificare e gestire il passaggio generazionale del patrimonio posseduto. Va sottolineato che nonostante il disponente abbia la possibilità di decidere chi siano i beneficiari finali dei beni in trust, esso deve rispettare le norme imperative che assegnano quote predefinite ai cosiddetti eredi legittimari (ex. Art.536 c.c.) come segue:

Con l’istituzione di un trust, il disponente può pertanto:
a) Disporre nella maniera più appropriata delle quote disponibili del patrimonio.
b) Decidere (o far decidere al Trustee) la qualità dei beni da assegnare a ciascun erede legittimo (o legittimario).
È bene evidenziare che qualora si dovesse registrare una lesione dei diritti dei legittimari, essi potranno esercitare la c.d. “azione di riduzione” (ex art. 553 e sgg, c.c.) al fine di vedersi reintegrata la rispettiva quota di legittima.
In questa sede è altresì opportuno un breve cenno al Regolamento Europeo n. 650/2012 che regola tra l’altro la competenza giurisdizionale e la legge applicabile in materia di successioni transnazionali.
La novità di rilievo introdotta dal Regolamento è rappresentata dal criterio per l’individuazione della legge applicabile alla successione. Ante-Regolamento, infatti, era in vigore nel nostro sistema la legge nazionale del de cuius, mentre successivamente è stato introdotto all’articolo 21 (Criterio generale) il principio secondo il quale “[…] la legge applicabile all’intera successione è quella dello Stato in cui il defunto aveva la propria residenza abituale al momento della morte”.
Ciò permette di valutare la legge più adeguata ai fini successori anche in termini di implicazioni fiscali. A questo proposito, è opportuno ricordare che le imposte di successione in Italia (in termini di aliquote e franchigie) sono sicuramente molto competitive rispetto agli altri stati dell’EU (variando dal 4 all’8% sul valore dei beni trasferiti con franchigie che variano da Euro 100.000 a 1.5 milioni).
Infine, è utile ricordare che il momento impositivo, come più volte recentemente confermato dalla giurisprudenza italiana (andando così a sanare il contrasto sorto nelle precedenti pronunce), non è all’atto di dotazione (conferimento dei beni in trust), bensì quello dell’effettivo trasferimento dei beni o diritti dal trustee ai beneficiari finali.