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Trust e patti di famiglia

Il patto di famiglia (come definito dall’art.768 bis e seguenti del Codice civile, introdotti nel 2006) è un contratto (stipulato con atto pubblico), che permette ad un imprenditore di trasferire a titolo gratuito la propria azienda o le proprie quote societarie ai suoi discendenti (diretti o indiretti), denominati assegnatari.

Il contratto, quindi, permette all’imprenditore di pianificare in anticipo la successione della (o delle) imprese di famiglia, evitando possibili attriti tra gli eredi. Infatti, alla stipula del contratto devono partecipare:

- l’imprenditore cedente,

- gli assegnatari (cioè coloro che riceveranno le quote o le aziende),

- tutti coloro che non fanno parte dell’insieme degli assegnatari, ma sono eredi legittimari dell’imprenditore (art. 768 quater, comma 1 c.c.).

L’art. 768 quater, comma 2 c.c. stabilisce che gli assegnatari devono compensare tutti gli altri partecipanti al contratto, a meno che essi non vi rinuncino in tutto od in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote oggetto di assegnazione e stabilisce altresì che quanto ricevuto dai contraenti non può essere soggetto ad azione di collazione o di riduzione e pertanto l’assegnazione è a titolo definitivo.

Ovviamente, restano impregiudicati i diritti di eventuali ulteriori eredi legittimari nati dopo o non noti alla stipula dell’accordo.

E’ importante sottolineare che Il trasferimento dell'azienda o delle partecipazioni può godere dell'esenzione dell’imposta di successione, a patto che il beneficiario:

a) ottenga il controllo societario

b) continui l’attività di impesa per almeno 5 anni

Nondimeno, questo strumento presenta rilevanti limiti che lo rendono poco utilizzato in materia di successione; i principali sono:

- al contratto devono partecipare obbligatoriamente tutti gli eredi legittimari e ciò può oggettivamente essere difficile o poco praticabile;

- gli assegnatari hanno l’onere di liquidare i legittimari devolvendogli una somma pari al valore che gli spetta della quota di eredità legittima; anche questo può essere poco praticabile e di difficile attuazione; infatti, anche se è previsto che la liquidazione possa avvenire in natura, può essere economicamente e finanziariamente difficoltoso per gli assegnatari ottemperare a questo obbligo, specie quando si tratti di aziende di valore elevato;

- gli assegnatari possono essere scelti solamente tra i discendenti dell’imprenditore. Sono pertanto esclusi il coniuge e gli ascendenti, mentre sono inclusi i nipoti (figli dei figli);

- lo strumento è focalizzato esclusivamente sul trasferimento della proprietà delle società e non anche sulla loro governance ed amministrazione.


Specialmente per queste due ultime ragioni, un imprenditore che abbia discendenti che non reputa idonei all’amministrazione dell’azienda, non si avvarrà esclusivamente dei patti di famiglia ai fini della continuità e stabilità della sua azienda in quanto questi non gli permetterebbero di raggiungere l’obiettivo di dare continuità ai risultati di impresa.

Al contrario, il trust, essendo uno strumento molto elastico, permette all’imprenditore di raggiungere lo scopo impostosi nel passaggio generazionale e che il patto di famiglia non gli avrebbe permesso di perseguire. Con il trust infatti è possibile:

- Preservare un’efficiente gestione societaria.

- Regolare le modalità di amministrazione e di esercizio dei diritti inerenti le partecipazioni societarie.

- Tutelare l’unitarietà del patrimonio familiare.

- Tutelare gli interessi e le legittime di tutti i membri della famiglia.

Vi sono sostanziali differenze tra l’istituzione di un trust e di un patto di famiglia, che possono riassumersi come segue:

- Il trust è un atto unilaterale del disponente, mentre il secondo è un contratto plurilaterale. Ciò in pratica significa che mentre nel trust è sufficiente la volontà del disponente, nel secondo occorre che tutti i partecipanti (come sopra definiti) debbano essere d’accordo;

- Nel trust, i beneficiari finali non sono i proprietari dei beni (che sono assegnati al trustee che li gestisce nell’interesse dei beneficiari), mentre nel patto di famiglia, l’assegnatario diventa il proprietario (azionista o quotista) del bene trasferito;

- Nel trust, è possibile prevedere un controllo sull’operato del trustee nell’interesse dei beneficiari, grazie alla figura del guardiano; nel patto di famiglia, il trasferimento del bene è definitivo e quindi l’assegnatario è libero di gestire l’impresa come meglio ritiene opportuno, anche in disaccordo con l’imprenditore che assegna;

- Nel trust, la segregazione dei beni in esso garantisce una efficace difesa da possibili creditori, mentre nel patto di famiglia, i beni assegnati restano esposti agli attacchi di terzi.


Qualora l’imprenditore volesse assegnare la gestione della propria azienda ad una persona al di fuori della linea di discendenti diretti, esso dovrebbe rivolgersi al trust che, quindi, può rappresentare lo strumento più giusto ed affidabile in materia di passaggio generazionale, assicurando la continuità e l’unità di gestione dell’azienda, venuto a mancare il disponente.

Peraltro, i due strumenti, Trust e Patto di Famiglia, possono essere anche visti come strumenti complementari per raggiungere determinati obiettivi, ivi inclusa una ordinata e pacifica successione.

Infatti, è possibile ipotizzare che l’assegnatario di una azienda di famiglia (figlio o nipote) dell’imprenditore, assegni a sua volta in trust (costituito dall’imprenditore stesso) il bene ricevuto (perché minorenne o non ancora pronto per la gestione dell’impresa) dando incarico al trustee di nominare amministratore l’imprenditore stesso o altre persone di fiducia.

In tal modo la successione di impresa sarebbe regolata in maniera certa e definitiva.

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